Una delle massime espressioni della convivialità piemontese
credo sia la Merenda Sinòira: amici che si riuniscono per mangiare, bere e
ridere.
Mangiare tanto, bere di più e ridere di gusto.
Di solito si fanno in autunno perché è quel periodo dell’anno
in cui noi mangioni torniamo a riscoprire il piacere di poterci abbuffare senza
patire la caldazza estiva.
Le Merende Sinòire sono per me i banchetti che danno il
benvenuto all’inverno e ai pasti luculliani che porta con sè, sono un rito di
passaggio stagionale.
Il programma di solito prevede di riunirsi in taverna o
sotto una pergola in giardino, si inizia a mangiare a metà del pomeriggio e si
va avanti fino a che non finisce il vino. Ogni commensale porta qualche cosa da
casa, principalmente preparazioni fredde, figlie del territorio, e si mette il
cibo in condivisione sulla tavola.
Poi si aprono le danze.
Per dare un termine di paragone del tenore alcolico che si
può raggiungere ricordo di una volta in cui sono rientrato a casa dei miei mentre
erano impegnati con amici nella Merenda… Dico solo che una delle ospiti ha
insistito per diversi minuti nel convincermi che io non fossi Alessio, bensì
Christian, mio fratello.
La mia versione nasce per rievocare lo spirito godereccio di
quei pomeriggi, riassumendolo in cinque punti, cinque capisaldi rivisti il
chiave gourmet.
La trota: di torrente, in mousse con una punta di salsa di
soia.
Il formaggio: sua maestà il blu del Moncenisio con una
sferificazione di aceto di ciliegia.
Le uova: delle galline rosse di casa, sotto forma di Tartrà.
Le zucchine: carpione alternativo, fritte accompagnate da
cipolla di Tropea cotta a bassa temperatura.
Le acciughe: in verde… esattamente come da tradizione, perché
quelle non si toccano!
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