Lingotto di fegato all'alloro


Ero convinto che il fegato fosse una di quelle cose che non accetta compromessi: o lo ami o lo odi. Sbagliavo.

Tutto nacque quel giorno in cui convinsi il massimo esperto di cotture sottovuoto a tenere un corso per un gruppo di macellai. Per convincerlo utilizzai la più forte delle armi: lo pagammo tanto.

Per la formazione gli chiesi di proporre in degustazione tagli  poveri, di terza e di quarta e magari anche del 5/4. Mi prese alla lettera e, tra le altre ricette, ne propose una con il fegato.

Ora, verrebbe da pensare che una platea di professionisti del settore, macellai oltretutto, avrebbe apprezzato di buon grado la proposta del fegato all'alloro... E invece no! Le stesse scene di quando provi a farlo assaggiare a dei bambini... "non mi piace", "troppo ferroso", "troppo stopposo", "lo vendo ma io non lo mangio" e altre scuse per giustificare il fatto di non voler assaggiare.

Lo assaggiò subito circa una metà dei presenti, sottoscritto chiaramente compreso, e il risultato fu spiazzante: era una cosa differente da quello che credevamo essere il sapore del fegato. Cioè... il sapore era quello noto, ma era come se stessimo mangiando l'essenza dell'alimento, era come se fino a quel momento non avessimo mai realmente capito cosa potesse esprimere quel taglio.

La tipica ferrosità c'era tutta ma decisamente arrotondata, ingentilita e in equilibrio con l'aromatizzazione. 

Sentiti i pareri entusiasti di chi aveva assaggiato anche gli altri ci provarono e... sorpresa: di colpo era diventato anche per loro buono, magari non esaltante, ma buono.

Per questo sono convinto che questa ricetta divida in altre due fazioni, diverse da quelle che immaginavo: chi adora il fegato e chi lo apprezza. Piace a tutti. Pazzesco.

Senza ulteriori indugi veniamo alla ricetta, semplice ma fatta di un paio di passaggi fondamentali.

Il primo passo il taglio del fegato: l'ideale è preparare dei lingotti regolari di circa 10x5x5 cm.

Vanno poi immersi in una marinatura di acqua frizzante, sale e zucchero (30, 15 g/l) per almeno 12 ore.

La marinatura in questo caso non ha solo il compito di salare e acidificare, ma serve anche a far uscire per osmosi tutto il sangue all'interno che è quello che solitamente determina l'eccessiva ferrosità.

Sgocciolato dall'acqua lo si imbusta leggermente oliato e avvolto in un paio di foglie d'alloro.

Cottura sottovuoto per un'ora a 63°C e abbattuto positivo.

Prima di servirlo si toglie dal sacchetto l'alloro e lo si mette a rosolare in una noce di burro, quando avrà trasferito il sapore è il momento del lingotto, rosolato bene su tutti i lati e poi servito accompagnato da un contorno. Quale contorno? E' quasi indifferente, tanto non verrà preso in considerazione fino a che non si sarà finito il fegato.


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